LA TITO CAMPANELLA TRASPORTAVA RIFIUTI TOSSICI

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  1. andychow
     
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    ARCHIVIO LA REPUBBLICA
    30 giugno 1988 — pagina 20 sezione: CRONACA

    ANCHE LA TITO CAMPANELLA TRASPORTAVA RIFIUTI TOSSICI'


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    MASSA Anche la Tito Campanella, la nave italiana affondata quattro anni e mezzo fa nelle acque del Golfo di Biscaglia, avrebbe trasportato armi e materiali tossici e radioattivi. Lo afferma un marittimo fiorentino, Fabio Bruni, 50 anni, scampato alla tragedia che uccise 24 marinai per aver scoperto i traffici clandestini ed essere sbarcato, volontariamente, pochissimi giorni prima del naufragio. Il cargo, appartenente alla compagnia armatrice savonese Alfamar, sparì senza che nessuno abbia mai captato neppure un flebile messaggio di aiuto, nella notte del 14 gennaio 1984. Intanto dalla procura della Repubblica di Savona arrivano 13 mandati di comparizione, spiccati contro i quattro titolari della società armatrice, il comandante ed il primo ufficiale del mercantile, tre tecnici del Rina che certificarono l' idoneità della nave, il titolare della società svizzera che per ultimo noleggiò il mercantile. L' indagine potrebbe riprendere il lancio anche dalle rivelazioni del marittimo fiorentino. Bruni ha detto di aver deciso di fare le sue rivelazioni solo adesso, dopo aver subito molte minacce ed anche un' aggressione, perché sa di essere malato di cuore e di avere il destino segnato: Ho già subito due infarti e non posso essere operato. Non mi resta molto da vivere e per questo non voglio custodire da solo il segreto, per un atto di verità e di giustizia nei confronti delle famiglie delle vittime. La Tito Campanella veniva usata per traffici illeciti. Nel viaggio precedente, ad esempio, aveva trasportato un grosso carico di armi ed un gran quantitativo di gas nervino, sigillato in grossi blocchi di cemento, imbarcati in Marocco e scaricati in Francia. Ero senza lavoro quando mi telefonò l' Alfamar. Mi chiese di imbarcarmi sulla Tito Campanella perché bisognava andare in Marocco a caricare minerali e laminati di acciaio e portarli in Grecia. Trovai la nave a Genova, in bacino. Era una carretta. Era stata un paio di anni in disarmo e non avevano fatto neppure i lavori di sabbiatura. Fabio Bruni continua il suo racconto: A Casablanca scaricammo la zavorra e caricammo i laminati di acciaio ed i minerali, per lo più dei solfati. Poi anche una cassa di mitragliatrici di fabbricazione sovietica. Infine dei blocchi di cemento che avevano ben visibile un cartello con la scritta: pericolo, materiale radioattivo. Chiesi spiegazione al nostromo ma mi disse che era zavorra per tenere in assetto la nave. Improvvisamente però cambiò la destinazione del viaggio. Dovevamo andare in Grecia ed invece, causa un presunto guasto ad entrambi i radar, che secondo me era solo una scusa, tornammo in Europa. Durante la navigazione, anche di notte, i radar continuavano a girare e dunque non mi spiegavo quale era il guasto. Una sera, a cena, ascoltai una breve conversazione a tavola tra il comandante e la moglie, che era il primo ufficiale. Disse il comandante: Si, è gas nervino. Bisogna andare con molta cautela .... Con i radar che non avrebbero funzionato ricorda Bruni attraversammo il Golfo di Biscaglia ma anziché riparare in Italia, a Genova, dove avremmo avuto la massima assistenza tecnica, andammo in Francia. Attraccammo al porto di Le Havre, di notte, in una darsena deserta. Lì furono scaricati i blocchi di cemento contenenti il gas nervino e la cassa di mitragliatrici. Qualche giorno dopo giunse dall' Italia un tecnico, così era chiamato, per riparare il presunto guasto ai radar. Il viaggio della Tito Campanella riparte dunque da Le Havre e questa volta giunge a destinazione, nel porto greco di Eleusis, dove finalmente vengono scaricati i laminati e i minerali. Proprio quel giorno ricorda il marittimo fiorentino vidi imbarcare altre casse di materiale sospetto, con scritte in russo e strane figure. Allora decisi di farla finita, ne avevo parlato anche con un collega che abitava a Marina di Carrara, l' avevo quasi convinto a fare altrettanto, ma poi ci ripensò. Ed è morto su quella maledetta carretta. Al momento di sbarcare il comandante mi disse che facevo male perché, sue testuali parole, qui corre il dollaro. Ed in effetti guadagnavo bene, anche tre-quattro milioni al mese, assai più della paga contrattuale.
    Quel che è avvenuto dopo non riguarda più il racconto A Casablanca scaricammo la zavorra e caricammo i laminati di acciaio ed i minerali, per lo più dei solfati. Poi anche una cassa di mitragliatrici di fabbricazione sovietica. Infine dei blocchi di cemento che avevano ben visibile un cartello con la scritta: pericolo, materiale radioattivo. Chiesi spiegazione al nostromo ma mi disse che era zavorra per tenere in assetto la nave. Improvvisamente però cambiò la destinazione del viaggio. Dovevamo andare in Grecia ed invece, causa un presunto guasto ad entrambi i radar, che secondo me era solo una scusa, tornammo in Europa. Durante la navigazione, anche di notte, i radar continuavano a girare e dunque non mi spiegavo quale era il guasto. Una sera, a cena, ascoltai una breve conversazione a tavola tra il comandante e la moglie, che era il primo ufficiale. Disse il comandante: Si, è gas nervino. Bisogna andare con molta cautela .... Con i radar che non avrebbero funzionato ricorda Bruni attraversammo il Golfo di Biscaglia ma anziché riparare in Italia, a Genova, dove avremmo avuto la massima assistenza tecnica, andammo in Francia. Attraccammo al porto di Le Havre, di notte, in una darsena deserta. Lì furono scaricati i blocchi di cemento contenenti il gas nervino e la cassa di mitragliatrici. Qualche giorno dopo giunse dall' Italia un tecnico, così era chiamato, per riparare il presunto guasto ai radar. Il viaggio della Tito Campanella riparte dunque da Le Havre e questa volta giunge a destinazione, nel porto greco di Eleusis, dove finalmente vengono scaricati i laminati e i minerali. Proprio quel giorno ricorda il marittimo fiorentino vidi imbarcare altre casse di materiale sospetto, con scritte in russo e strane figure. Allora decisi di farla finita, ne avevo parlato anche con un collega che abitava a Marina di Carrara, l' avevo quasi convinto a fare altrettanto, ma poi ci ripensò. Ed è morto su quella maledetta carretta. Al momento di sbarcare il comandante mi disse che facevo male perché, sue testuali parole, qui corre il dollaro. Ed in effetti guadagnavo bene, anche tre-quattro milioni al mese, assai più della paga contrattuale. Quel che è avvenuto dopo non riguarda più il racconto di Bruni. La nave attraccò al porto norvegese di Oxolosund, dove fece la sua ultima tappa prima della tragedia. Nel corso dell' ennesimo viaggio verso il Marocco, probabilmente davanti a Capo Finisterre, la nave affondò.
    - di GIULIANO FONTANI

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