Modifiche irreversibili al clima anche se si tagliano i gas serra

Ormai il danno è fatto...

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  1. andychow
     
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    Ricerca Usa: il processo è ormai avviato e potrà solo essere contenuto. A rischio specie animali e vegetali, che si stanno spostando verso zone più fredde.
    I mutamenti più significativi nelle regioni tropicali e subtropicali, in Amazzonia e Indonesia. Nelle Ande, in Siberia e Australia del sud molte combinazioni climatiche destinate a scomparire del tutto

    di ALESSIA MANFREDI - LA REPUBBLICA

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    - Climi destinati a scomparire dalla faccia della Terra, sostituiti da nuovi, mai osservati. Con loro potrebbero andarsene definitivamente anche diverse specie animali e vegetali. Nel 2100, secondo le previsioni degli scienziati, molte delle combinazioni climatiche cui siamo abituati rischiano di non esserci più. E succederà indipendentemente dalla riduzione delle emissioni di gas dannosi: l'estensione del fenomeno sarà più contenuta se i gas serra verranno tagliati drasticamente, ma il fenomeno è comunque innescato ed è ormai irreversibile.

    L'ultimo allarme sull'emergenza clima arriva da uno studio americano. Le previsioni della équipe coordinata dal professor John W. Williams del Dipartimento di geografia dell'Università del Wisconsin a Madison, negli Stati Uniti, e pubblicate su Proceedings of the National Academy of Sciences sono calcolate in base agli ultimi dati dell'agenzia Onu per i cambiamenti climatici, la Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change). Cifre che parlano chiaro: sia in uno scenario di emissioni elevate che ridotte, sono molte le regioni che nei prossimi decenni sperimenteranno grossi cambiamenti anche a livello di biomi, le grandi comunità ecologiche costituite da animali e vegetali che vivono in un determinato clima e vi si sono adattate.

    I mutamenti più significativi si avranno nelle foreste pluviali dell'Amazzonia e in quelle indonesiane e più in generale nelle regioni tropicali e subtropicali. Ma anche aree come gli Stati Uniti meridionali e la Penisola Arabica ne risentiranno in maniera significativa. E Ande, Siberia e Australia meridionale sono particolarmente a rischio per la scomparsa di climi in toto.

    In base alle proiezioni di Williams e colleghi le foreste pluviali in Brasile potranno subire un aumento della temperatura di 2-3 gradi centigradi nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio e di 4-5 gradi negli altri, mentre i climi destinati a sparire sono concentrati nelle regioni più fredde. La Penisola Arabica avrà più piogge e diventerà più calda, con un aumento anche di 4-5 gradi centigradi nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio, mentre il Messico nei mesi invernali sarà molto più secco.

    "La nostra analisi è basata su simulazioni che partono da nove modelli climatici differenti, otto dei quali per uno scenario a basse emissioni di gas inquinanti - spiega a Repubblica.it il professor Williams - Ogni modello porta ad una risposta diversa all'aumento dei gas serra e permette di formulare previsioni per i climi che spariranno e quelli nuovi che si svilupperanno". Rispettivamente, in caso di emissioni di gas serra elevate, il 39 per cento della superficie terrestre potrebbe sperimentare climi nuovi mentre sul 48 per cento spariranno climi noti. In caso di emissioni ridotte, il 20 per cento della superficie andrà incontro a nuovi climi, percentuale che rimane invariata per quel che riguarda la scomparsa di climi noti.

    Dati preoccupanti, che hanno stupito anche gli autori della ricerca. "Le cifre sono maggiori rispetto a quello che mi aspettavo - ammette Williams - e certamente il fenomeno è allarmante". Quello che ha sorpreso in particolare gli scienziati è la concentrazione di climi nuovi e climi che invece moriranno nelle regioni tropicali. "Molta attenzione finora è stata data alle zone artiche e per buoni motivi - dice lo scienziato - perché è lì che i cambiamenti più imponenti avverranno. Ma ai tropici anche una variazione climatica più ridotta diventa più significativa: e il rischio è che le specie tropicali siano più sensibili ai mutamenti climatici perché si sono evolute per affrontare livelli di mutamenti più contenuti".

    "Molti di questi mutamenti sono già in atto - commenta Giampiero Maracchi, direttore dell'Istituto di Biometeorologia del Cnr di Firenze - Basta pensare che già l'85 per cento delle specie - animali, vegetali, insetti - si sono già spostate verso nord o verso l'alto, in zone di montagna. O a una pianta come l'ulivo, che oggi si coltiva già con successo in Gran Bretagna".

    Sulle proiezioni però, per il professore, occorre una certa cautela perché su tempi lunghi si rischia di commettere errori. "Quello che è certo è che il cambiamento è ormai avviato e aumenteranno soprattutto le manifestazioni estreme del clima. Cioè, farà più caldo d'estate, ci saranno più precipitazioni, ma farà anche più freddo".

    Se ci si metterà effettivamente in moto per ridurre le emissioni nocive, qualcosa si può ancora fare. "Anche con emissioni di gas serra ridotte alcuni climi scompariranno, ma l'estensione del fenomeno sarà minore rispetto al caso in cui le emissioni non vengano tagliate", conclude Williams. E Maracchi aggiunge: "Sono ottimista sulla capacità umana di intervenire perché la situazione, sempre nei limiti del non ritorno, si può ancora fronteggiare. Sono meno ottimista invece sui tempi: occorre muoversi in fretta, nei prossimi vent'anni. Ma si deve intervenire prima di tutto sui meccanismi economici. Vanno cercati modelli di produzione diversi, meno invasivi e meno inquinanti".
     
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0 replies since 27/3/2007, 11:29   34 views
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