L'eco-palazzo

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  1. andychow
     
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    Sole, vento, acqua e ghiaia
    così risparmia l'eco-palazzo


    Ecco l'Ecobox di Madrid, una palazzina da ufficio sperimentale. Una costruzione economica e i costi energetici scendono del 70%
    di MAURIZIO RICCI - LA REPUBBLICA

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    - MADRID - I materiali? Poveri: pietra, cemento prefabbricato, metallo e legno di betulla. Il risultato? Gradevole. Il costo? Basso. Il risparmio? Altissimo, da record. Ovvero, come costruire, spendendo 1.200 euro a metro quadro (Iva e mobilio inclusi), una palazzina da ufficio che consuma meno elettricità di un appartamento con l'aria condizionata. Più esattamente, che risparmia il 70 per cento dell'energia, rispetto ad una palazzina da uffici tradizionale, costata uguale o di più.

    Alcune delle tecniche utilizzate sono buone anche per la vostra villetta al mare o in montagna. Non tutte. Ma la prima lezione dell'Ecobox di Madrid è che, per tagliare la bolletta dell'energia e cominciare ad alleggerire l'effetto serra, non occorre una grande rivoluzione scientifica o tecnologica. "Da questo punto di vista - dice Gaetano Fasano, responsabile del progetto Enea "La casa intelligente" - sono uno degli esempi migliori. Hanno messo insieme con successo diversi principi e tecnologie". Tecnologie vecchie, in qualche caso vecchissime, e nuove, a portata di mano. E di tutti. Per vederle in azione, bisogna andare ad Alcobendas, uno dei sobborghi che si stanno espandendo, a velocità esplosiva, intorno a Madrid. Sui viali, si allineano le sedi di giganti come Toyota, Daimler-Chrysler, Bp, di grandi banche come la Ing.

    "Le guardi" dice, indicandole dalla finestra, Alfredo Vegara, il presidente della Fundaciòn Metropoli, una fondazione che studia in particolare l'architettura bioclimatica, di cui l'Ecobox è la sede - vetrina: "Ognuna è costata più di questa palazzina e ancora di più costa viverci dentro". Per capire perché, bisogna partire dalle cose semplici: l'esposizione al sole, per esempio. "Prenda la palazzina della Bp. In nome dell'ecologia, la British Petroleum di una volta, adesso si chiama Beyond Petroleum, oltre il petrolio. Poi costruiscono una sede con un grande lucernario sul tetto. D'estate è un forno. O, qui di fianco, il parcheggio della Mercedes. Hanno utilizzato tettoie normali, a cupola, di produzione industriale. Il risultato è che le macchine per il 60 per cento del tempo sono esposte al sole".

    Il parcheggio della fondazione ha le tettoie rivolte a sud, inclinate di 30 gradi per schermare i raggi del sole. E alla luce, spiega Angel de Diego, l'architetto che ha progettato l'Ecobox, è stata dedicata un'attenzione particolare. Le finestre (verticali) sul tetto, che fungono da lucernario, sono schermate da tettoie: d'inverno, quando il sole è più basso, i raggi entrano direttamente; d'estate, quando è più alto, no. Le finestre sulle pareti sono schermate all'esterno da lunghe lame metalliche orientabili.

    E' più o meno, quello che facevano i nostri nonni con le persiane. Noi le abbiamo sostituite con le tapparelle (o tutte giù o tutte su, non c'è via di mezzo) o, peggio ancora, con le veneziane interne. Ma c'è differenza fra un vetro che si arroventa al sole e trasmette (veneziana o no) calore all'interno e un vetro che resta all'ombra.

    Lo stesso principio, più in grande, si applica ai muri esterni. Lastre di pietra, avvitate su un isolante e fissate ad una parte di cemento. Poi, la tradizionale intercapedine e un'altra parete di cemento. Il trucco è che l'intercapedine, invece di essere vuota, è riempita di materiale ad alta inerzia termica, che trasmette, cioè lentamente, il calore dall'esterno all'interno (o viceversa). Sembra roba complicata, ma il materiale ad alta inerzia termica è banale, volgarissima ghiaia. "Non abbiamo inventato niente - sorride de Diego - lo facevano già gli antichi romani". Più esattamente, l'intera palazzina è circondata dalla ghiaia, perché l'alta inerzia termica è importante anche sopra e sotto. Soprattutto sotto, dove si capisce che inerzia non è un termine solamente passivo.

    L'interno della palazzina è un alternarsi del grigio spento del cemento, del grigio brillante e freddo delle profilature di metallo, del caldo beige e rossiccio della betulla. Ma sui pannelli in basso, vicino al pavimento ci sono delle prese d'aria. "D'estate, durante la notte - spiega de Diego - quando la temperatura esterna è almeno cinque gradi inferiore a quella interna, entrano in funzione degli aspiratori. L'aria fresca viene convogliata attraverso la ghiaia sotto l'edificio, dove si raffredda ulteriormente e poi, attraverso le griglie sui pannelli, risale dentro la palazzina. Il risultato è che l'ufficio, che avevamo lasciato la sera prima a 25 gradi, lo ritroviamo la mattina dopo a 14". E' un sistema, ammette Vegara, che funziona solo con il clima secco di Madrid. "A Barcellona, dove l'umidità è alta, la condensazione creerebbe troppi problemi". Ma, dentro l'Ecobox, ripartire, le mattine d'estate da 14 gradi anziché da 25, è un bel vantaggio. Tanto più, in quanto, nell'Ecobox, l'aria condizionata non c'è.

    Esposizione solare, isolamento, ventilazione, calcola de Diego, forniscono un 20-25 per cento del risparmio energetico dell'Ecobox, rispetto ad una palazzina tradizionale. Un altro 10 per cento è dato dall'automazione dei vari sistemi di controllo delle schermature, della ventilazione, del riscaldamento e del raffreddamento. Ma è qui, nel riscaldamento e nel raffreddamento, che avviene quel 40 per cento di risparmi rispetto ad un edifico con i condizionatori elettrici. La chiave sono 72 metri quadri di pannelli solari messi a copertura del tetto. Non sono i pannelli fotovoltaici che producono energia elettrica.

    L'Ecobox ne ha sulla facciata ("Li avevamo messi per far funzionare l'ascensore - spiega de Diego - poi abbiamo scoperto che, con gli incentivi, ci conviene vendere l'energia, piuttosto che utilizzarla"). Ma i pannelli importanti, quelli sul tetto, sono quelli del solare termico, una tecnologia meno sofisticata e più sperimentata, oltre che più economica. Quelli che, in sostanza, scaldano l'acqua. Che viene raccolta in due serbatoi da 3 mila litri: un'idea tutt'altro che inedita per chi ricorda ancora, a Roma, prima che i relativi locali venissero trasformati in massa in superattici, le cisterne d'acqua potabile sul tetto. Da lì, d'inverno, l'acqua, a 45 gradi viene pompata nelle serpentine che corrono dentro i pavimenti di cemento e, da lì, risale a riscaldare l'ambiente. E d'estate? Funziona al contrario. L'acqua riscaldata dai pannelli passa in quella che si chiama una macchina ad assorbimento. Dove, con un processo chimico innescato dal bromuro di litio, si raffredda fino a dieci gradi. E dalle serpentine sui pavimenti (che, adesso, valgono come soffitti) scende a rinfrescare la palazzina.

    Non è una risposta totale e finale. Non tutti i mesi sono uguali: a gennaio e ad agosto, ad esempio, il sistema solare riesce a coprire meno di un terzo della domanda di caldo, rispettivamente, e di freddo, dell'edificio e deve intervenire una caldaia a gas a colmare il divario. Ma la media di risparmio, nell'arco di un anno, fra isolamento e sistema solare è del 70 per cento, rispetto ad un edificio ad aria condizionata. Significa, è stato calcolato, 104 mila kilowatt di energia prodotti senza ricorrere ai combustibili fossili. E, quindi, 457 tonnellate di anidride carbonica, in meno, sputate nell'atmosfera. Equivale a tenere ferme in garage, per un anno, 113 automobili. O a piantare 50 ettari di bosco: fra i palazzi vetro e cemento di Alcobendas, fra la sede della Toyota e quella della Bp.
     
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0 replies since 7/3/2007, 11:25   52 views
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