pentito della 'ndrangheta svela il business dei rifiuti tossici e radioattivi

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  1. andychow
     
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    Roma - LA SCOPERTA fatta qualche giorno fa, quattordici miglia al largo di Cetraro, in Calabria, del relitto di una nave carica di bidoni che sembra corrispondere all'identikit della motonave Cunsky, affondata dalle cosche calabresi con un carico di 120 bidoni di rifiuti radioattivi, rilancia l'indagine sulle "navi dei veleni". Aperta nel 1994, ha al suo centro le dichiarazioni rese a suo tempo dal pentito Francesco Fonti. Oltre alla nave di Cetraro, sempre in Calabria è stata individuata una collina sotto la quale sono seppelliti rifiuti radioattivi. Il ministero dell'Ambiente ha creato una task force che lavorerà con la procura di Paola. Il pentito Fonti dovrebbe essere sentito anche dalla Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
    << Visto che avevo ragione? Le navi ci sono. E, le assicuro, c'è anche il coinvolgimento di servizi e politici. Questa storia è marcia.....>>.

    Francesco Fonti, 64 anni, boss n'dranghetista, collaboratore di giustizia per sei anni, per tanti anni residente a Reggio Emilia dove gestiva un traffico di stupefacenti, ha scontato 31 anni di carcere e oggi vive in un'altra regione del Nord. E' lui la gola profonda della vicenda delle 'navi dei veleni'.

    Quante sono le 'navi a perdere' affondate in acque italiane?

    <<circa trenta, quasi tutte attorno alla Calabria: sia sul Tirreno sia sullo Ionio. Ma so di tre affondate in Liguria, una al largo di La Spezia due più verso Genova. E di una, un carico di scorie di una industria farmaceutica, affondata al largo di Livorno, intorno all'87>>.

    Quelle affondate in Liguria e al largo di Livorno contenevano materiale radioattivo?

    <<no, che io sappia contenevano solo fusti di materiali tossici>>.

    Da dove venivano i rifiuti?

    <<industrie chimiche e farmaceutiche, sia italiane sia tedesche, svizzere, persino russe. E non solo. Anche l'Enea, come ho dichiarato, ci fece smaltire un carico di 500 bidoni di fanghi radioattivi de suo sito di Rotondella. Era il 1987, i rifiuti radioattivi sono finiti alla foce del fiume Ueli Scebeli, un fiume dell'Etiopia. Noi eravamo solo gli esecutori, facevamo il lavoro sporco per altri>>.

    Chi faceva da intermediario?

    <<i servizi segreti. Erano loro a coordinare la raccolta. A loro si rivolgeva l'industria. Ed erano il filtro con il mondo della politica. Il mio contatto era, sino dal 1978, un agente del Sismi di nome Pino. Lui mi indicava la quantità di scorie da far sparire e il porto di imbarco. Il pagamento avveniva estero su estero, ad esempio all'agenzia aeroporto di Lugano di un importante istituto svizzero. Ma anche a Singapore, a Cipro, nel Lichtenstein. Il prezzo dipendeva dalla pericolosità del carico. Diciamo tra i 3-4 miliardi di lire fino a un picco di 30 miliardi pagati per un carico di 5 mila bidoni, quasi tutta roba radioattiva. Era il 1993: li portammo in Somalia>>.

    Li portavate sempre in Somalia?

    <<anche in Nigeria, Kenia, Congo, Mozanbico. Ma soprattutto in Somalia. La Somalia è piena zeppa di schifezze. Ci saranno andate una quarantina di navi. La strada Garowe-Bosaso è lastricata di scorie e ce ne sono anche lungo la strada tra Berbera e Sillil, vicino Bosaso. E tra Durbo e Ceel Gaal...>>.

    Quante navi destinate in Somalia avevano materiale radioattivo?

    <<una decina almeno. Io personalmente ho portato un carico di mille bidoni equivalenti di materiale radioattivo. Provenienti anche dalla centrale nucleare di Latina. Abbiamo imbarcato il carico in una banchina molto riservata, in uso ai servizi, sul canale navigabile tra Pisa e Livorno. Portammo il carico a Bosaso su uno dei grossi pescherecci regalati dal governo di Craxi alla Somalia. E a bordo c'erano anche delle casse di armi: 75 casse di kalashnikov, 30 di munizioni, 30 di mitragliette...>>

    Perchè alcune navi le affondavate?

    <<per truffare l'assicurazione. Era un modo per arrotondare. Oltre alle tre navi di cui ho parlato, la Cunsky, la Yvonne A. e la Voriais, che ho personalmente fatto affondare a Cetraro, Maratea e Genzano, ce ne sono altre tre, la Aoxum, la Marilijoan e la Monika, che furono acquistate dalla n'drangheta proprio per affondarle con un carico e intascare l'assicurazione: sono le tre colate a picco in Liguria. Normalmente le navi erano di armatori, che le mettevano a disposizione a pagamento e poi intascavano l'assicurazione. Come dicevo, in Italia ne abbiamo affondate tra 28 e 30. Oltre alle sei che ho ricordato c'è la Rigel al largo di Capo Spartivento in Calabria, tre navi affondate nello stretto di Messina, altre vicino Tropea, una nel crotonese...ho annotato tutto>>.

    Fino a quando sono state affondate navi o inviate in Somalia?

    <<che io sappia fino agli albori del 2000. Soprattutto verso la Somalia>>.

    Avevate contatti diretti anche con politici?

    <<certo: con uomini al vertice della Dc e del Psi. Mi sono personalmente incontrato con alcuni ministri dell'epoca. Ho fatto i nomi ai magistrati, e altri posso farne>>.

    Crede che l'inchiesta di Paola andrà avanti?

    <<la risposta ce la darà il tempo. Vedo che il nuovo procuratore sta lavorando bene. Ma vedremo tra due mesi se sarà stato capace di resistere alle pressioni che certamente riceverà. Personalmente sono scettico, ma se davvero andasse avanti io sono disposto a raccontare tante cose che non ho ancora detto e che a mia tutela ho messo in un memoriale depositato al sicuro...>>.

    Teme per la sua vita?

    <<secondo lei? Questa è roba seria. Qualcuno mi ha chiamato ieri consigliandomi di non esagerare. E comunque già alla metà degli anni '90 uomini dei servizi sono venuti nel mio rifugio che allora era in Trentino a dirmi 'quel che lei ha detto ha detto, ma sappiamo che sai anche questo e quest'altro e non lo dica. Si fermi qui. Sennò è peggio per lei'...>>.

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    IL GIORNO - BAIRO
    VENERDI' 18 SETTEMBRE 2009-di ALESSANDRO FARRUGGIA

     
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  2. andychow
     
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    Dal plutonio alle polveri di marmo
    il "cimitero" delle navi radioattive


    Dopo il relitto in Calabria, inchiesta di Legambiente sulle ecomafie
    Sarebbero da 40 a oltre 100 i cargo affondati nel Mediterraneo
    di ANTONIO CIANCIULLO-la repubblica

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    Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?". "E il mare? Che ne sarà del mare della zona se l'ammorbiamo?". "Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un'altra parte...". Questo dialogo tra due boss della 'ndrangheta, agli atti delle indagini coordinate da Alberto Cisterna, magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, basta per comprendere quale logica abbia mosso le navi dei veleni.

    Navi che dagli anni Ottanta hanno seminato lungo le coste del Mediterraneo e dell'Africa i loro carichi di rifiuti tossici e radioattivi Meno facile è capire perché si sia dovuto aspettare vent'anni per seguire una pista che era stata indicata con chiarezza da tante inchieste e tanti pentiti. Nel 2000 l'indagine iniziata dalla magistratura di Reggio Calabria nel 1994, dopo una denuncia della Legambiente sulla Rigel, un'altra nave a perdere affondata per disfarsi di un carico radioattivo che non riusciva a trovare destinazioni lecite, fu archiviata, nonostante la gran mole di indizi, perché "mancava il corpo del reato". Difficile del resto che le prove potessero emergere da sole visto che erano state seppellite con cura in una fossa del Mediterraneo.
    Ora però, grazie all'ostinazione della procura di Paola e dell'assessorato all'Ambiente della Regione, la "pistola fumante" è stata trovata: un piccolo robot è riuscito a fotografare il delitto sepolto a 487 metri di profondità, i bidoni della vergogna che spuntano dalla falla nella prua della Cunsky. Il teorema della prova irraggiungibile è crollato.

    "Per troppi anni i magistrati sono stati lasciati soli mentre i processi venivano insabbiati: a questo punto tutte le inchieste vanno riaperte", chiedono Enrico Fontana e Nuccio Barillà, i dirigenti della Legambiente che hanno denunciato molte sparizioni sospette di navi. "Devono intervenire la procura nazionale antimafia e il ministero dell'Ambiente, bisogna formare un'unità di crisi per il monitoraggio delle zone in cui all'aumento della radioattività corrisponde un picco di tumori. Vogliamo sapere la verità sui legami tra il traffico di rifiuti e il traffico di armi, le connessioni con il caso Ilaria Alpi e il trafugamento di plutonio e rifiuti radioattivi".

    Buona parte del lavoro è già fatto: mettendo assieme le informazioni raccolte pazientemente dai magistrati di mezza Italia è possibile costruire la mappa dei cimiteri radioattivi dei nostri mari. Un elenco di affondamenti volontari, navi che spariscono nel nulla senza lanciare il may day, troppo lungo per essere citato in versione integrale, ma basta ricordare alcuni casi per avere un'idea di quello che è successo in questi anni.

    Nel 1985, durante il viaggio da La Spezia a Lomè (Togo), sparisce la motonave Nikos I, probabilmente tra il Libano e Grecia. Sempre nel 1985 s'inabissa a largo di Ustica la nave tedesca Koraline. Nel 1986 è il turno della Mikigan, partita dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno Calabrese con il suo carico sospetto. Nel 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento, in Calabria, naufraga la Rigel. Nel 1989 la motonave maltese Anni affonda a largo di Ravenna in acque internazionali. Nel 1990 è il turno della Jolly Rosso a spiaggiarsi lungo la costa tirrenica in provincia di Cosenza. Nel 1993 la Marco Polo sparisce nel Canale di Sicilia.

    Del resto fino agli anni Novanta c'era addirittura chi teorizzava pubblicamente la sepoltura in mare dei rifiuti radioattivi. La Odm (Oceanic Disposal Management) di Giorgio Comerio si presentava su Internet offrendo i suoi servigi di affondamento su commissione. Era già in vigore la Convenzione di Londra che vieta espressamente lo scarico in mare di rifiuti radioattivi, ma la Odm, che operava dal 1987, sosteneva che non si trattava di scarico "in" mare ma "sotto" il mare perché la tecnica proposta consisteva nell'uso di una sorta di siluri d'acciaio di profondità che, grazie al loro peso e alla velocità acquisita durante la discesa, s'inabissano all'interno degli strati argillosi del fondo marino penetrando a una profondità di 40-50 metri.
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1 replies since 24/9/2009, 16:18   549 views
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